"Solo tre multinazionali hanno in pugno il 75% del mercato degli agrofarmaci e il 64% di quello delle sementi. Per l’Italia si fa così stringente la necessità di rafforzare l’unica struttura in grado di sostenere il potere contrattuale delle imprese agricole: il sistema dei Consorzi Agrari."
Il grido di allarme lanciato lo scorso anno dal Presidente della Coldiretti Ettore Prandini si basava sui recenti dati che evidenziavano la profonda crisi che, ultimamente, ha colpito la maggior parte delle aziende agricole italiane.
Da qui il bisogno di creare un sistema a sostegno di questo settore produttivo così importante per il nostro paese, che abbracci risorse e temi sfortunatamente poco esplorati negli ultimi decenni: Agroecologia e sovranità alimentare.
Con immenso piacere vi parliamo oggi della “Rete per la sovranità alimentare in Emilia Romagna”. Come riporta Radiocittà Fujiko, si tratta di una rete di associazioni che si pone l’obiettivo di diventare la voce del settore produttivo alimentare regionale, con lo scopo di indirizzare le scelte politiche a favore di un’economia solidale.
Campi Aperti, Camilla Emporio di Comunità e Arvaia Csa, queste sono solo le prime cooperative e associazioni che hanno reso possibile la creazione della rete per promuovere i principi dell’Agroecologia.
Parliamo di una scienza che studia i modelli per coltivare e produrre in modo più sostenibile. Spazia quindi dalle tecniche di produzione innovative alla diminuzione degli sprechi, il tutto volto a garantire la tutela dell’ambiente.
Secondo uno studio pubblicato da Nature Food, infatti, nel 2015 le emissioni derivanti dal sistema produttivo alimentare hanno rappresentato il 34% delle emissioni totali di gas serra.
Nel documento che presenta il progetto per la sovranità alimentare in Emilia-Romagna, il dito viene espressamente puntato contro le grandi multinazionali industriali che “non hanno lo scopo di nutrire i cittadini, l’unico beneficio che portano al territorio è relativo all’occupazione e al profitto economico, concentrato però nelle mani di pochi. Tutto in nome dell’inquinamento, dello spreco e della concorrenza sleale verso le Reti contadine locali”.
Così cresce l’esigenza di un ritorno a un utilizzo razionale delle risorse che riduca imballaggi e trasporti lunghissimi.
Un modello produttivo etico e che raccolga i principi dell’Agroecologia non può che giovare alla salute dei cittadini, e soprattutto garantisce una rinascita economica alle piccole aziende locali, schiacciate dalle ultime politiche agricole più che dalla recente crisi sanitaria mondiale.
Oggi infatti l’Italia è, per quasi la totalità dei prodotti agricoli, dipendente dall’estero. In un’ottica di economia circolare, oltre agli investimenti sulle nuove tecnologie, è ancora più necessario proteggere la sovranità alimentare. Secondo la dichiarazione di Nyéléni, “la sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad alimenti culturalmente accessibili, adeguati e prodotti in modo ecologico e sostenibile, ed anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo”.
Proprio in nome della sovranità alimentare, il progetto, con la sua costituzione, lancia un appello alle istituzioni affinché si mettano una mano sulla coscienza e possano intervenire con misure a sostegno delle produzioni delle piccole aziende contadine locali.
Metrofficine non può che applaudire questi ragazzi che hanno messo in piedi un‘iniziativa con tali propositi. Una rete che abbraccia tematiche come la sostenibilità ambientale e la riduzione degli sprechi, agendo per un settore in grossa crisi come quello della produzione alimentare.
Rappresenta questo un primo passo per allontanarci dalle logiche di profitto delle grandi filiere industriali. Un passo in avanti, eppure con uno sguardo volto a preservare le tradizioni contadine locali, con tutti i benefici che ne derivano.
Salvaguardia della biodiversità, lotta allo sfruttamento del lavoro, migliore qualità del cibo e quindi tutela della salute dei cittadini.
Una realtà che per noi è facile condividere e a cui aderiamo senza pensarci un attimo. La palla passa ora alle istituzioni con la speranza che, almeno stavolta, si intervenga tempestivamente su una questione di vitale importanza.
Perché non c’è più un minuto da perdere.
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